Pubblicato da Emanuela Apicella 24 settembre 2022

Patatine…ricordi… e terapeuti con cui mangiare.

 

 

 

 

Vi siete mai chiesti che effetti abbia su un paziente il legame con il suo terapeuta?

Avete mai fantasticato sul vostro terapeuta immaginando la sua vita privata? E sul suo corpo? Avete mai fatto caso a cosa indossa, a quali siano i suoi difetti fisici……alla taglia che indossa?

Il concetto della cosiddetta “neutralità” del terapeuta, o meglio dell’analista, è un tema entrato in crisi sin dagli anni 50. 

….ma che cos’è questa neutralità? Certamente riguardo al paziente, il terapeuta non è per niente “neutro”. 

Per quanto mi riguarda la parola “neutro” mi fa pensare al genere latino, al sapone liquido o a qualcosa di “insapore”….e invece il mio lavoro ha un sapore caratteristico, che non è neutro per niente. 

Una mia paziente oggi mi ha raccontato un ricordo …..è una paziente che seguo da 5 anni, per una forma di anoressia che ad oggi non è più il sintomo cardine.

 

La chiamerò Azzurra.

 

Azzurra oggi mangia, non ha un sottopeso preoccupante, lavora con entusiasmo, e ha una buona vita sociale. 

 

Oggi Azzurra mi dice che mentre veniva in studio, si è affacciato alla mente un ricordo……”mi vergogno un po’ a dirglielo, dottoressa”, mi dice Azzurra mentre abbassa lo sguardo….è che io una volta l’ho vista mangiare(!)” .

 

Qualche anno fa, lavoravo in una comunità per disturbi alimentari, ed ero la responsabile di una delle equipe terapeutiche; nel mio modo di “fare comunità” si inseriva anche la possibilità di uscire, un paio di volte all’anno, a fare un pranzo con pazienti e operatori dell’equipe da me coordinata.

Ecco perché Azzurra mi aveva visto mangiare…..sebbene non sia corretto dire che mi abbia “soltanto” vista mangiare perché, in realtà, io ero lì a mangiare CON lei, con loro.

 

Azzurra mi dice “ero seduta di fronte a lei ma io non ce la facevo a mangiare, mi vergognavo. Ho guardato il suo piatto e lei……stava mangiando le patatine!” 

Le chiedo come mai vedermi mangiare le patatine fritte la abbia colpita e come mai questo ricordo le torni talvolta in mente…..era un giorno infrasettimanale e lei mangiava le patatine!……e lei……è magra!” 

E ancora “le patatine sono un cibo che ancora oggi mangio con difficoltà”. 

Era un po’ intimidita, Azzurra. Come se, avere in mente l’immagine del terapeuta e del cibo l’avesse un po’ turbata.

 

Mi capita spesso, nella mia pratica clinica, che un atto come mangiare, o una cosa come “il cibo”, assumano nelle parole dei miei pazienti una forma “vergognosa”, un “tabù”.

Qualcosa che si fa fatica a pronunciare.

 

Una volta una mia paziente mi raccontava di quanto profondamente si vergognasse quando suo padre le domandava cosa avesse mangiato. “Non deve chiedermelo!!!Sono fatti miei! Non si parla di questo!”.

Davvero come se il tema del cibo fosse qualcosa al limite del pornografico.

 

Pensate alla potenza, in un contesto come questo, di vedere …….il proprio terapeuta mangiare!

 

Ricordo ancora come, nella comunità in cui lavoravo, fosse praticamente proibito farsi vedere nei corridoi mentre si sgranocchiava uno snack …un pezzo di pane, un grissino…..SACRILEGIO!!!! C’è del cibo nelle mani degli operatori!!! E via così……il cibo non si deve vedere, gli operatori mangiano al di là di una porta, al riparo da sguardi indiscreti, mai sia che cibo e terapeuti siano scoperti insieme!!! C’è da da doversi vergognare!!!

 

Non sarà forse ora di fare un pensiero su tali modalità? Senza sostenere ancora questo strano cortocircuito in cui il cibo assume un significato vergognoso che invece non dovrebbe avere?

 

Azzurra-patatine fritte-dottoressa che mangia le patatine fritte- dottoressa magra-Azzurra che non mangia ancora le patatine fritte, ma che ricorda la dottoressa che le mangia.

Che cerchio interessante……non trovate? 

 

Riusciranno Azzurra e la dottoressa che mangia le patatine fritte a trovare l’uscita dal labirinto?

Lì, fuori dall’ intricato dedalo di vie dell’inconscio , c’è forse un luogo in cui Azzurra potrà trovare una porzione di patatine fritte anche per sè, che restino solo quel che sono…..cibo….un po’ unto….non troppo salutare, ma solo cibo…Un cibo che può essere mangiato anche da lei.

 

Mai sottovalutare il transfert che si muove nella cura…..dottori magri, dottori grassi, dottori golosi e dottori salutisti….c’è qualche aggettivo, qualche parola, che dipanandosi nel discorso del paziente, si incontra, si scontra, si unisce o si distanzia, dall’immagine che il paziente ha di noi terapeuti……e tutto ciò, con la neutralità non ha molto a che fare. 

Topics: Anoressia, disturbi alimentari

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